Polizia giudiziaria
Rifiuto d’indicazione sulla propria identità personale: aspetti normativi e giurisprudenziali
Autore:Pietro Di Troia - Dirigente, Comandante polizia locale
Tra i reati che sono accertati dagli appartenenti alla Polizia Locale uno dei più frequenti, è sicuramente quello previsto dall’art. 651 del codice penale: rifiuto d’indicazione sulla propria identità personale. L'approfondimento a cura di P. Di Troia

 
RIFIUTO D’INDICAZIONE SULLA PROPRIA IDENTITÀ PERSONALE: ASPETTI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI

Tra i reati che sono accertati dagli appartenenti alla Polizia Locale uno dei più frequenti, è sicuramente quello previsto dall’art. 651 del codice penale: rifiuto d’indicazione sulla propria identità personale. E’ esperienza di tutti i giorni il caso di un soggetto a cui viene contestata una violazione amministrativa che prima rifiuta di fornire le proprie generalità poi si pente e le declina o il caso di colui che verbalmente fornisce i propri dati ma non esibisce un documento d’identificazione o esibisce un documento di identificazione ma non fornisce a voce le proprie generalità. Sarà in questi casi applicabile l’art. 651 del codice penale? Per rispondere a questi ed ad altri interrogativi, analizziamo l’art. 651 cercando di farne l’esegesi anche sulla della consolidata giurisprudenza.

L’art. 651 prevede che “chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206”.

Soggetto attivo: Può essere qualsiasi persona. E’ un reato comune.
Presupposto della condotta: E’ necessario che un pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, abbia richiesto al soggetto di dare le proprie generalità. La nozione di pubblico ufficiale si ricava dall’art. 357 del codice penale: qui si osserva come essa sia più ampia e ricomprenda non solo gli appartenenti alle forze di polizia. Non è necessario che la richiesta del pubblico ufficiale sia motivata e/o fondata: è infatti in facoltà di costui chiedere a chiunque le generalità purchè sia nell’esercizio delle sue funzioni. A tal riguardo si è osservato come “gli appartenenti al Corpo delle guardie di pubblica sicurezza (ora Polizia di Stato) sono considerati in servizio permanente e non cessano dalle loro qualità di pubblici ufficiali anche quando non sono comandati in servizio. (Nella fattispecie, su ricorso del pubblico ministero, è stata annullata con rinvio la sentenza di assoluzione dai reati di cui agli artt. 650 e 651 c.p., avendo il pretore ritenuto che tali fatti non sussistono nella mancata ottemperanza da parte di un conducente di veicolo all'invito di declinare le generalità ed esibire il documento di guida e il libretto di circolazione rivolto da un assistente di Polizia in borghese e libero dal servizio)”. Sez. I, sent. n. 3200 del 18-03-1992 (cc. del 04-02-1992), Ambrosca (rv 189912). Inoltre “Per la configurazione del reato di cui all’art.651 è necessario che il soggetto, il quale richieda ad altri di fornire le sue generalità, oltre che essere in servizio permanente, eserciti in concreto le pubbliche funzioni, giacché la nozione di "servizio permanente" è diversa da quella di "esercizio delle funzioni", implicando essa che il dipendente pubblico può in ogni momento intervenire per esercitare i propri compiti, ma non che egli in concreto al momento li eserciti. (La Corte di Cassazione, in applicazione di tale principio, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, ritenendo necessario che il giudice di merito accerti se il pubblico ufficiale abbia formalmente contestato una specifica infrazione ed abbia a tal fine richiesto le generalità, senza ottenerle, al conducente di un veicolo che, a seguito di un'errata manovra, aveva intralciato la marcia del veicolo alla cui guida era lo stesso pubblico dipendente). Sez. I, sent. n. 21730 del 28-05-2001 (ud. del 17-04-2001), Miccichè (rv 219565).
Elemento materiale: il soggetto deve manifestare in qualunque modo, ma chiaramente, di non volere rispondere alla richiesta.
Il reato di cui all’art. 651 c.p. è reato istantaneo a condotta omissiva: esso sussiste anche nel caso che, dopo il rifiuto il soggetto fornisca spontaneamente le generalità o che comunque si riesca ad accertarle. In tal senso più volte si è pronunciata la Suprema Corte (cfr. Sez. VI, sent. n. 3126 del 04/04/1985 (ud. del 09/01/1985), Manetti (rv 168593). Sez. I, sent. n. 851 del 29/03/1995 (cc. del 10/02/1995), Baldi (rv 200588). Sez. I, sent. n. 6052 del 25/05/1995 (ud. del 28/04/1995), Bilardello (rv 201435). Sez. VI, sent. n. 9337 del 05/09/1995 (ud. del 28/06/1995), Masiero (rv 202978). Sez. VI, sent. n. 34 del 04/01/1996 (ud. del 18/10/1995), Cozzella (rv 203851)): “Il reato di cui all’art.651 c.p. si perfeziona con il semplice rifiuto di indicare la propria identità personale, onde è irrilevante, ai fini della sussistenza dell'illecito, che successivamente vengano fornite le generalità o che l'identità del soggetto sia facilmente accertata per conoscenza personale da parte del pubblico ufficiale o per altra ragione. Sez. VI, sent. n. 1804 del 23-02-1985 (cc. del 03-10-1984), Cardinato (rv 168010).
Il rifiuto di fornire la prova delle proprie generalità non costituisce la contravvenzione in esame. Se ne ricorrono le condizioni nei confronti dei cittadini italiani e comunitari si può applicare l’art. 4 del TULPS e il reato di cui all’art. 221 del TULPS in relazione all’art. 294 del regolamento di esecuzione (R.D. 6 maggio 1940 n. 635). Per gli stranieri invece trova applicazione l’art. 6 del TU sui cittadini extracomunitari (D.Lgs n.286/1998). In tal senso appare consolidata la giurisprudenza della Cassazione: “Non integra gli estremi del reato punito dall’art. 651 c.p. la condotta del soggetto che, richiesto dal pubblico ufficiale, nell'esercizio delle sue funzioni, di dare indicazioni sulla propria identità personale, le fornisca e si rifiuti poi di esibire un documento di identificazione. Sez. V, sent. n. 3938 del 07-05-1984 (cc. del 25-01-1984), Micheli (rv 163999). Il precetto di cui all’art.651 c.p. è adempiuto quando il soggetto richiesto indichi al pubblico ufficiale le proprie generalità ed eventuali qualità personali. Tale obbligo non si estende all'esibizione dei documenti >

Note: non è necessario che la richiesta del pubblico ufficiale sia motivata e/o fondata: è infatti in facoltà di costui chiedere a chiunque le generalità purchè sia nell’esercizio delle sue funzioni.
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di identità, non essendo il soggetto richiesto tenuto a documentare la propria identità personale. (Fattispecie in cui il soggetto aveva rifiutato di esibire il proprio documento di identificazione all'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento dopo avere mostrato la licenza di commercio da cui risultavano le sue generalità). Sez. I, sent. n. 2261 del 02-03-1992 (cc. del 27-11-1991), Lo Coco (rv 191114). Non può configurarsi il reato di cui all’art. 651 c.p. quando non venga accertato un effettivo rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale. Pertanto, il rifiuto di consegnare i propri documenti per l'identificazione non concreta gli estremi della contravvenzione se il soggetto fornisce le proprie generalità al pubblico ufficiale, consentendogli di procedere alla sua identificazione attraverso altri mezzi, quali il prelievo del numero di targa dell'autovettura o l'accompagnamento a un posto di Polizia per l'identificazione, poiché il precetto di cui al citato all’art. 651 c.p. contiene l'obbligo per il soggetto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale e non di documentarla. Sez. I, sent. n. 1959 del 15-02-1988 (cc. del 25-06-1987), Di Bella (rv 177611). Il rifiuto di consegnare un documento di riconoscimento integra - ricorrendone le altre condizioni richieste dalla legge (persone pericolose o sospette) - gli estremi del reato di cui all'art. 4 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e all'art.294 del relativo regolamento e non già quello previsto dall’art. 651 c.p., trattandosi di reati aventi diverso elemento materiale e diversa obiettività giuridica. Ne consegue che qualora la persona si rifiuti di dare indicazioni sulla propria identità personale e di esibire un documento di riconoscimento, si avrà concorso materiale della contravvenzione di cui all’art.651 c.p. con quella preveduta dalla legge di pubblica sicurezza. Sez. VI, sent. n. 10378 del 14-07-1989 (cc. del 13-04-1989), Poma (rv 181841).
L’obbligo previsto dalla norma in commento può essere adempiuto anche limitandosi a mostrare un documento d’identificazione. Così L'obbligo di fornire le richieste indicazioni sulla propria identità personale, penalmente sanzionato dall’art. 651 c.p., può essere assolto anche mediante esibizione di un documento contenente i dati all'uopo necessari, sempre che lo stesso venga lasciato nella disponibilità del pubblico ufficiale richiedente per il tempo necessario all'identificazione. Risponde, quindi, del reato di rifiuto di generalità il soggetto che, pur avendo esibito un proprio documento d'identità, se ne riappropri prima che il pubblico ufficiale abbia avuto il tempo di procedere alla detta identificazione. Sez. I, sent. n. 8624 del 26-09-1997 (cc. del 18-06-1997), Bernacchia (rv 208358).
Si nota però come In tema di rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale, deve ritenersi che il mostrare il documento e ritirarlo violentemente, facendolo cadere a terra prima che il pubblico ufficiale possa esaminarne il contenuto, configura il diniego di fornire indicazioni sulla propria identità per aver impedito al pubblico ufficiale di leggere gli estremi del documento stesso. Sez. VI, sent. n. 7083 del 18-07-1997 (cc. del 07-03-1997), Argiolas (rv 208232).
Si precisa che le generalità di una persona comprendono: nome, cognome, paternità, maternità, stato civile, data e luogo di nascita, domicilio, residenza, professione o arte, stato e cittadinanza. Il silenzio serbato sui dati non richiesti espressamente dal pubblico ufficiale , non costituisce reato. Pertanto Nella nozione di qualità personali, la cui mancata indicazione può configurare il reato previsto dall’art.651 del c.p. (rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale), debbono essere ricomprese soltanto quelle qualità che servono a completare lo stato e l'identità della persona, cioè quegli attributi e quelle particolarità individuali che servono a contrassegnare il soggetto. Pertanto, è da escludere che lo stato di tossicodipendenza possa costituire una qualità personale, poiché essa non solo non incide sull'identità in senso lato del soggetto, ma non attribuisce a quest'ultimo una qualità personale rilevante ai fini dell’art. 651 del c.p., tanto più che l'art. 95 della legge sugli stupefacenti prevede - per i soggetti che intendano sottoporsi ad interventi terapeutici e riabilitativi nei presidi sanitari - il beneficio dell'anonimato nei rapporti con i centri, le case di cura, i medici, gli assistenti sociali e tutto il personale addetto. Sez. I, sent. n. 9062 del 10-09-1986 (cc. del 04-03-1986), Allaria (rv 173697).
Se il reo, invece di tacere, declina generalità false, commette il delitto di cui all’art.496 del c.p. o altro più specifico reato a seconda dei casi.
Elemento soggettivo: essendo una contravvenzione è necessario che il colpevole abbia voluto non rispondere sapendo che il richiedente era un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni o non sapendolo per errore colposo.
Concorso con altri reati: E’ interessante per la Polizia Locale una recente pronuncia della Cassazione con la quale è affermato il principio secondo cui questo reato concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. Per i Supremi Giudici Il reato di cui all’art. 651 del c.p. non rimane assorbito ma concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 del c.p. , risultando le relative condotte completamente diverse, se raffrontate in astratto, e susseguenti materialmente l'una all'altra, se considerate in concreto. (Fattispecie in cui l'imputato, dopo aver opposto resistenza agli agenti di polizia che gli avevano chiesto i documenti per l'identificazione, si è divincolato dalla presa degli operanti ed è stato condotto con forza negli uffici di P.S., ove ha fornito le sue generalità). (Dichiara inammissibile, App. Roma, 14 Marzo 2007) Sez. VI, Sent. n. 47585 del 10-12-2007 (ud. del 10-12-2007), C.G. (rv. 238231).

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