Le sentenze del giorno
Polizia giudiziaria - concussione
100€ per non fare la multa
Autore: Infocds.it
Concussione - chiedere 100€ per non fare una multa - reato - sussiste

 
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - SENTENZA 14 marzo 2013, n.11887 - Pres. Carmenini – est. Taddei
Osserva

1. La Corte d'appello di Firenze, giudicando in sede di rinvio della Corte Suprema, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato in punto di responsabilità, la condanna del GUP del Tribunale di Grosseto dell'8 aprile 2006, per il reato di concussione, a carico di B.G., agente scelto in servizio presso la Polizia Stradale di Orbetello, che durante un servizio di pattuglia insieme al coimputato assistente capo M. , aveva costretto T.W., conducente di un autotreno, fermato perché in contravvenzione per eccesso di velocità, a consegnargli la somma di Euro 100, per evitare di pagare la contravvenzione di Euro 275,00 e subire il sequestro della patente.
1.1 La difesa di B. ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo il vizio di carenza di motivazione in ordine all'elemento della costrizione che avrebbe subito la vittima della concussione e che avrebbe potuto essere acclarato solo integrando adeguatamente la prova, con l'escussione del camionista (…). Tale integrazione avrebbe,infatti, consentito di escludere la possibilità che il camionista fosse stato determinato ad offrire il pagamento dall'erronea percezione di versare in una situazione di concussione ambientale, cosa che avrebbe escluso la responsabilità dello stesso.

Considerazioni in diritto

2. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
2.1 La Corte di merito ha compiutamente individuato, secondo la regola imposta dal rinvio di questa Corte, con decisione n.35403 del 2010, gli elementi che, riscontrati dal complesso materiale probatorio acquisito, nel caso in esame costituiscono ed esauriscono l'essenza del reato di concussione, colmando quel deficit di motivazione che affliggeva la precedente motivazione.
2.2 In particolare la Corte di merito ha dato atto che a fondamento della dichiarazione di responsabilità si pone l'intercettazione ambientale del colloquio tra i due agenti della Polstrada prima,durante e dopo il controllo effettuato al T. , al quale veniva contestato l'eccesso di velocità; l'accertamento effettuato dalla Questura di Grosseto proprio in occasione del predetto controllo,i cui esiti venivano trasfusi nell'annotazione di servizio del 7.6.2003; il completo verbale delle dichiarazioni rilasciate, sull'episodio, dal camionista, che la Corte giudica 'dall'inequivocabile significato estorsivo', in quanto soprattutto chiarissime nel non recare alcun passaggio in cui sia stato T. ad avanzare spontaneamente un'offerta e non i poliziotti ad avanzare una richiesta di denaro ciò per giunta al di fuori del proprio rapporto funzionale, ove si pensi all'entità della somma riscossa,diversa da quella dovuta, alle minacce simboliche seguite al fatto, ed all'assenza di qualsiasi verbale, ciò oltre il riferimento necessario e già accennato, ad altre conversazioni intercettate all'epoca, che comprovano in quel periodo l'abitudine sistematica da parte loro di riscuotere tali somme proprio facendo valere la loro qualità di servizio e ciò al fine dichiarato di arrotondare lo stipendio e poter acquistare,in questo modo, la cocaina; la conversazione n. 148 alle h. 15,57, subito dopo il controllo effettuato sul T. , in cui i due agenti si accordano per dividersi la somma estorta; il tenore ilare della conversazione nel corso della quale i poliziotti fanno anche un accenno allusivo alle indagini che la Squadra Mobile sta intessendo; i riscontri documentali, quali il cronotachigrafo e quanto direttamente accertato e testimoniato dagli uomini della Mobile.
2.3 A chiusura dell'individuazione delle fonti di prova, vi è la valutazione della Corte territoriale che così, in termini assolutamente corretti ed esaustivi, si esprime: 'Ricorre l'elemento costitutivo dell'abuso dei poteri conferiti dall'ordinamento al pubblico ufficiale, la strumentalizzazione di questi ultimi sotto il profilo dell'uso del potere di contestare la violazione amministrativa commessa dal privato per conseguire un fine illecito, la consegna indebita di una somma di denaro per fini personali attraverso la minaccia di compiere l'atto dell'ufficio, >

Note: la conversazione n. 148 alle h. 15,57, subito dopo il controllo effettuato sul T. , in cui i due agenti si accordano per dividersi la somma estorta; il tenore ilare della conversazione nel corso della quale i poliziotti fanno anche un accenno allusivo alle indagini che la Squadra Mobile sta intessendo; i riscontri documentali, quali il cronotachigrafo e quanto direttamente accertato e testimoniato dagli uomini della Mobile.
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ovvero il ritiro immediato della patente di guida e il pagamento di una somma stabilita per legge ( per la configurabilità dell'abuso, anche nei casi di esercizio strumentale di una attività obiettivamente lecita e doverosa per ottenere un'indebita utilità vedi Cass. sez. VI n. 5002/1989 nonché n. 33218/2001; in altri termini non è necessario che l'attività compiuta dall'agente sia di per sé illegittima o illecita, potendo il requisito della costrizione e/o induzione della vittima essere integrato anche attraverso la prospettazione del compimento di un atto doveroso - nella fattispecie il ritiro della patente ed il pagamento della sanzione di Euro 275,10,'m relazione all'accertamento della violazione del limite di velocità - e ciò in quanto questo atto si connota di illegittimità quando sia stato usato quale mezzo per conseguire un fine chiaramente illecito, nel caso di specie il guadagno di 100 Euro, finiti poi senza un verbale nelle tasche degli agenti). La condotta di abuso sopradescritta, poi, ha oggettivamente ingenerato nella vittima uno stato di soggezione,posto che il tanto enfatizzato elemento del 'metus pubblicae potestatis' non è altro che l'abuso della qualità e dei poteri visto da parte della vittima, senza tuttavia che esso concorra autonomamente ad aggiungere alcunché alla struttura del reato...”.
2.4 Tale ultima precisazione esclude che possa in qualche modo configurarsi quella particolare situazione di convincimento di adeguarsi ad una prassi, anche tacitamente riconosciuta, che la giurisprudenza ha qualificato come concussione ambientale e che la sentenza n. 25694 del 2011 Rv. 250467 di questa Corte ha adeguatamente e condivisibilmente inquadrato nei termini che seguono: 'La concussione ambientale, non rientrante nell'espressa previsione dell'art. 317 cod. pen., è figura elaborata dalla giurisprudenza e da una parte della dottrina, che hanno dilatato l'ambito di rilevanza penale della detta norma, nella prospettiva di fronteggiare quel fenomeno criminologico, sempre più diffuso nell'attuale momento storico, che vede la prestazione dell'indebito al pubblico ufficiale non come effetto dell'abuso di costui e del conseguente comportamento induttivo o costrittivo, ma come scelta necessitata del privato di doversi adeguare ad una prassi consolidata e ineluttabile di illegalità diffusa, imperante in un certo settore della Pubblica Amministrazione, sì da subirne le corrispondenti 'regole', per evitare conseguenze a lui sfavorevoli. La dilatazione della figura della concussione, che ingloba situazioni di mera pressione ambientale, senza alcun riferimento a condotte individuali, si risolve in una applicazione analogica in malam partem dell'art. 317 c.p., imperniato inequivocamente sulla stato di soggezione della vittima, provocato dalla condotta del pubblico funzionario e non 'latente' nell'ambiente. La concussione ambientale, inoltre, cancella il requisito della costrizione o, più esattamente, dell'induzione e crea, per così dire, una responsabilità penale di posizione, fondata cioè non sull'abuso della qualità o dei poteri, ma sulla posizione o qualifica rivestita dal pubblico ufficiale.'. Osserva, però, la Corte che il solo dato ambientale sfugge alla tipicità della fattispecie incriminatrice delineata dall'art. 317 cod. pen., la quale impone di recuperare alla costrizione o all'induzione un'autonomia sul piano del comportamento individuale, nel senso che non può prescindersi dall'individuazione della condotta specifica dell'agente pubblico, attraverso la quale si determina nel privato quel condizionamento psicologico che si traduce nella convinzione della ineluttabilità della prestazione indebita.......Sentenza n. 25694 del 2011 Rv. 250467'.
2.5 Niente di tutto ciò è ravvisabile, neanche in termini di fraintendimento, nelle puntuali e specifiche ricostruzioni motivazionali della Corte di merito, la cui motivazione supera di larga misura il controllo di legittimità.
3. Per i motivi che precedono il ricorso deve essere rigettato: al rigetto consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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