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Cittadinanza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 3 febbraio 2011 n. 766
Autore: Infocds.it
Concessione della cittadinanza italiana - Diniego - Per mancanza del requisito reddituale in capo all’interessato - Legittimità - Circostanza che l’istante vive stabilmente con il padre, che provvede a soddisfare i suoi primari bisogni di vita - Irrilevanza.

 
N. 00766/2011REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10637 del 2005, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro e legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Singh Sarabjit;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 6387/2004, resa tra le parti, concernente NEGATA ISTANZA DI CITTADINANZA ITALIANA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2010 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per le parti l’avvocato dello Stato Borgo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia n. 6387 dell’11 novembre 2004, che ha accolto il ricorso proposto dal signor Singh Sarabjit avverso il decreto ministeriale di rigetto dell’istanza volta ad ottenere la cittadinanza italiana, formulata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f), l. 5 febbraio 1992¸ n. 91.
Assume l’Amministrazione appellante che erroneamente il primo giudice avrebbe ritenuto non sufficientemente motivato il diniego impugnato, adottato sulla base della dirimente e incensurabile valutazione in ordine alla mancanza di prova dell’adeguatezza dei mezzi di sostentamento in capo all’istante. Di qui la richiesta di accoglimento dell’appello e, in riforma della impugnata sentenza, di rigetto del ricorso di primo grado.
All’udienza del 17 dicembre 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.
L’appello è fondato e merita accoglimento.
A base del diniego impugnato in primo grado, l’Amministrazione ha posto la questione della carenza di prova in ordine ai mezzi di sostentamento necessari all’istante per il conseguimento della cittadinanza e, per conseguenza, per la sua stabile permanenza in Italia.
A giudizio del primo giudice, tale valutazione negativa è viziata da difetto di motivazione, non avendo considerato che l’istante vive stabilmente col padre, il quale provvede in via ordinaria al suo sostentamento.
L’Amministrazione appellante insiste nel ritenere la congruità della valutazione operata in sede di diniego, richiamando il carattere discrezionale e non vincolato del provvedimento e la sussistenza, nel caso di specie, di elementi sufficienti per denegarlo, avuto riguardo alla carenza dei mezzi di sostentamento in capo all’interessato.
Ritiene il Collegio che le censure d’appello, incentrate unitariamente – in difformità da quanto rilevato sul punto dalla sentenza appellata - sulla congruità e sufficienza della motivazione del diniego impugnato in primo grado, siano da condividere e comportino l’accoglimento dell’appello.
Le determinazioni dell'Amministrazione sulle domande di concessione della cittadinanza italiana al cittadino straniero, che risieda in Italia da oltre dieci anni, e si trova quindi nella condizione di cui all'art. 9, comma 1, lett. f), l. 5 febbraio >

Note: è legittimo il decreto ministeriale di rigetto dell’istanza di un cittadino straniero volta ad ottenere la cittadinanza italiana che sia motivato con riferimento al fatto della mancanza di prova dell’adeguatezza dei mezzi di sostentamento.
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1992, n. 91, sono non vincolate (di recente, Cons. Stato, VI, 26 gennaio 2010, n. 282) ma a carattere discrezionale.
In particolare, il rilascio o il diniego di cittadinanza, concernendo il conferimento di uno status di rilevante importanza pubblica, comporta valutazioni essenzialmente discrezionali, in cui l’interesse dell’istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l’interesse pubblico.
Lo straniero viene infatti con tale provvedimento inserito a pieno titolo nella collettività nazionale, acquisendo tutti i diritti ed i doveri che competono ai suoi membri, tra i quali non assume un ruolo secondario il dovere di solidarietà sociale di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica funzionale all’erogazione dei servizi pubblici essenziali.
La verifica della Amministrazione in ordine ai mezzi di sostentamento dell’istante non è pertanto soltanto funzionale a soddisfare primarie esigenze di sicurezza pubblica, considerata la naturale propensione a deviare del soggetto sfornito di adeguata capacità reddituale; ma è anche funzionale all’accertamento del presupposto necessario a che il soggetto sia poi in grado di assolvere i ricordati doveri di solidarietà sociale.
Da tanto si evince che non immotivatamente l’Amministrazione ha posto a base del diniego la carenza del requisito reddituale in capo all’istante (rimasto peraltro indimostrato anche nel corso del giudizio).
In contrario non può valere l’argomento per cui l’interessato vive stabilmente con il padre, che provvede a soddisfare i suoi primari bisogni di vita. Infatti, va avuto riguardo: a) alla consustanziale transitorietà di una tale situazione familiare, anche tenuto conto della non più giovanissima età anagrafica dell’interessato (nato nel 1982), a fronte della tendenziale stabilità e durevolezza del provvedimento concessivo della cittadinanza; b) all’impossibilità per l’interessato di assolvere, allo stato, ai doveri di solidarietà sociale dianzi ricordati, sostituita anzi da un assorbimento a suo favore della analoga capacità dei suoi familiari.
Resta comunque salva la possibilità di riproporre l’istanza al verificarsi di tutte le condizioni legittimanti, non ostandovi il pregresso diniego (trattandosi di provvedimento reso sotto la condizione implicita rebus sic stantibus).
In definitiva, alla luce delle considerazioni esposte, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio possono essere compensate,
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/02/2011

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