Le sentenze del giorno
Personale
Ispezioni sul lavoro
TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 29 novembre 2010 n. 6178
Autore: Infocds.it
Diritto di accesso - Da parte di un datore di lavoro - Nei confronti delle dichiarazioni spontanee di un lavoratore subordinato del medesimo studio - Rese agli ispettori della Direzione Provinciale del lavoro in sede di verifica ispettiva - Diniego - Motivato facendo riferimento alla necessità di tutelare la riservatezza del lavoratore - Illegittimità.

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1607 del 2010, proposto a’ sensi dell’art. 25 della L. 7 agosto 1990 n. 241 e succ. modd. e intt. e – ora – dell’art. 116 cod. proc. amm.da:
Nodinelli Andrea, rappresentato e difeso dall’Avv. Silvia Greselin, con domicilio eletto in Venezia presso lo studio dell’Avv. Gianluca Tessier, San Marco, 3906/A;
contro
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Presidenza Consiglio dei Ministri, Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza Consiglio dei Ministri, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco n. 63,
nei confronti di
Dal Zovo Alice, Lamarina Tiziana, Zaccaria Matteo, Garante per la Protezione dei Dati Personali;
per l’annullamento
del provvedimento Prot. 17797 –Risc 17013/2010 dd. 11 giugno 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza – Servizio Ispezione del Lavoro, a firma "per il Direttore ad interim il Responsabile URP", recante la reiezione della domanda di accesso a documentazione amministrativa presentata dal patrocinante dell’Avv. Andrea Nodinelli; per quanto occorra, per l’annullamento della decisione dd. 20 luglio 2010 emessa dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi in sede di ricorso amministrativo proposto al riguardo a’ sensi dell’art. 25, comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche; nonché per l’accertamento del diritto del ricorrente ad accedere alla documentazione medesima, estraendone copia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 il dott. Fulvio Rocco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Il ricorrente, Avv. Andrea Nodinelli, espone che in data 15 aprile 2010 e in data 17 maggio 2010 sono stati redatti da parte della Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza – Servizio Ispezione del lavoro dei verbali di accertamento della circostanza dell’avvenuta occupazione presso il suo studio, quale lavoratore subordinato, della Signora Alice Dal Zovo quale lavoratore subordinato con decorrenza 1 settembre 2009.
In relazione a tale circostanza, l’Avv. Federica Sorgato e l’Avv. Silvia Greselin, quali patrocinanti dell’Avv. Nodinelli, hanno presentato alla predetta Direzione Provinciale, a’ sensi dell’art. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche, una domanda di accesso "del fascicolo contenente gli elementi raccolti, le dichiarazioni assunte, le verifiche effettuate nell’ambito del procedimento amministrativo relativo ai verbali n. 009/079 del 17 maggio 2010 e n.ò 009/079 dd. 15 aprile 2010, sulla base dei quali le ispettrici Elisabetta Colpo e Angela Capparelli avrebbero accertato che l’Avv. Andrea Nodinelli avrebbe occupato la Sig.ra Alice Dal Zovo sin dal giorno 1 settembre 2009", espressamente precisando che il loro assistito era titolare di "un interesse giuridico, personale e concreto, alla conoscenza e all’accesso del fascicolo di cui sopra", essendogli stato – per l’appunto – "notificato in data 25 maggio 2010 il verbale n. 009/079 con la diffida alla regolarizzazione della Sig.ra Dal Zovo sin dal giorno 1 settembre 2009 e al pagamento delle somme indicate nel verbale" (cfr. doc. 1 di parte ricorrente).
Con nota Prot. 1779/2010 – Risc 17013/2010 dd. 11 giugno 2010 a firma "per il Direttore ad interim dott. Roberto Parrella il Responsabile URP Luigi Pieropan" la Direzione adita ha respinto la domanda sopradescritta relativamente "alle dichiarazioni assunte" dalle persone interrogate dalle due ispettrici, "alla luce delle sentenze del Consiglio di Stato n. 1842 del 22 aprile 2008 e 736 del 9 febbraio 2009" (più esattamente, entrambe della Sezione VI).
Nella seconda sentenza citata il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’accesso agli atti è da considerare precluso per il datore di lavoro che volesse prendere visione, ed estrarre copia, delle dichiarazioni rese da un proprio dipendente in occasione di una visita ispettiva effettuata dagli ispettori della Direzione Provinciale del Lavoro. Ciò in quanto le disposizioni in materia di diritto di accesso mirano a coniugare la ratio dell’istituto, quale fattore di trasparenza e garanzia di imparzialità dell’Amministrazione – nei termini di cui all’art. 22 della L. 241 del 1990 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti e fra questi, specificatamente, quelli dei soggetti "individuati o facilmente individuabili" che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza. Con la prima sentenza lo stesso Consiglio ha dichiarato l’insussistenza del diritto del datore di lavoro di accedere alla documentazione acquisita dagli ispettori del lavoro nel corso dell’attività ispettiva, "anche" nel caso in cui il rapporto di lavoro con il dipendente interessato sia ormai cessato. L’avvenuta cessazione di un rapporto di lavoro non esclude, infatti, l’esigenza di riservatezza di chi abbia reso dichiarazioni riguardanti se stesso o anche altri soggetti, senza autorizzarne la divulgazione, non attenendo la sfera di interessi in questione alla sola tutela delle posizioni del lavoratore ed essendo queste ultime, comunque, rilevanti anche in rapporto all’ambiente professionale di appartenenza, più largamente inteso. Infatti il Consiglio di Stato rileva la prevalenza dell’interesse pubblico all’acquisizione di ogni possibile informazione a tutela della sicurezza e della regolarità dei rapporti di lavoro rispetto al diritto di difesa della società o imprese sottoposte ad ispezione. Il diritto in questione,sempre secondo il Consiglio di Stato, risulta comunque garantito dall’obbligo di motivazione contenuto nel verbale di illecito amministrativo conseguente alla verifica ispettiva e dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere. … Per quanto concerne l’esame ed eventualmente il rilascio di copia dei restanti atti del fascicolo, ai fini di un utile riscontro, si chiede di specificare a quali documenti si intende accedere. Quanto sopra poiché nel procedimento in parola vi sono documenti sottratti al diritto di accesso ai sensi del D.M. 4 novembre 1994 n. 757 e documenti che potrebbero individuare soggetto controinteressati per i quali deve essere applicato l’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 …" (cfr. ibidem, doc. 2).
1.2. Con ricorso proposto in sede amministrativa, a’ sensi dell’art. 25, comma 4, della L. 241 del 1990 come novellato dall’art. 17 della L. 11 febbraio 2005 n. 15 e dall’art. 3, comma 6-decies, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005 n. 80, innanzi alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Avv. Nodinelli ha chiesto che tale organo esprima l’avviso di illegittimità del surriportato provvedimento di diniego, dandone comunicazione all’autorità disponente.
1.3. Con decisione dd. 20 luglio 2010 la Commissione, ha respinto il ricorso, rilevando peraltro "che tra i poteri che la legge (le) assegna .. non figura quello concernente la disapplicazione di norme regolamentari; potere, viceversa, espressamente attribuito al giudice amministrativo. Pertanto, pur condividendo i dubbi di legittimità sollevati dal ricorrente, la Commissione non può che respingere il ricorso" (cfr. ibidem, doc. 6).
1.4. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe l’Avv. Nodinelli chiede nella presente sede giurisdizionale l’annullamento del predetto provvedimento di diniego Prot. 1779/2010 – Risc 17013/2010 dd. 11 giugno 2010 della Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione dell’art. 24 della L. 241 del 1990, eccesso di potere per falsità di presupposto, violazione di legge ed eccesso di potere per erronea valutazione dell’interesse prevalente tra l’interesse alla riservatezza e l’interesse alla difesa.
Il medesimo ricorrente chiede pure, ove occorra, l’annullamento della predetta decisione dd. 20 luglio 2010 resa dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione dell’art. 25, comma 4, della L. 241 del 1990, omessa acquisizione del parere di competenza del Garante per la protezione dei dati personali ivi segnatamente previsto, nonché violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione dell’art. 24 della L. 241 del 1990 ed eccesso di potere per falsità del presupposto.
2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo la reiezione del ricorso.
3. Alla camera di consiglio del 24 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Tutto ciò premesso, il ricorso >

Note: nel contrasto tra il diritto del datore di lavoro a conoscere le dichiarazioni rese dai dipendenti nel corso del procedimento ispettivo, ed il diritto alla riservatezza degli stessi, prevale quello del primo; con la conseguenza che lo stesso ha titolo all’accesso per la tutela del proprio interesse giuridico a contestare le risultanze dei predetti accertamenti, qualora ritenuti illegittimi per erroneità o falsità dei relativi presupposti.
Links: http://www.infocds.it
in epigrafe va accolto.
4.2. In effetti, come rimarcato dal ricorrente, la giurisprudenza prevalente è di avviso contrario rispetto alle due decisioni della Sezione VI ^ del Consiglio di Stato sulle quali si fonda il provvedimento di diniego di accesso emesso dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza.
Secondo la stessa Sezione VI^, 9 dicembre 2008 n. 6117, 10 aprile 2003 n. 1923 e 3 maggio 2002 n. 2366, nonché – ad esempio – secondo questo stesso T.A.R. (cfr., ex multis, Sez. I, 6 febbraio 2006 n. 301 e Sez. III, 2 gennaio 2009 n. 1) e, ex plurimis, T.A.R. Marche, Sez. I, 19 settembre 2008 n. 1310 e T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 luglio 2008 n. 1628, gli artt. 2 e 3 comma 1 lett. c) D.M. 4 novembre 1994 n. 757, laddove sottraggono al diritto di accesso le dichiarazioni rese dai lavoratori in occasione di indagini ispettive a carico del loro datore di lavoro fino a quando non sia cessato il rapporto, si pongono in palese contrasto con l’art. 24 della L. 7 agosto 1990 n. 241, per il quale il diritto alla riservatezza recede di fronte al diritto di difesa, e pertanto devono essere disapplicati in applicazione del principio secondo cui nel conflitto fra due norme diverse, occorre dare preminenza a quella legislativa rispetto alla norma regolamentare ogni volta che questa precluda l’esercizio di un diritto soggettivo.
Anche nel caso di specie, pertanto, l’esito del ricorso non può essere diverso.
Va peraltro rimarcato che il predetto D.M. 757 del 1994 è stato a suo tempo emanato in attuazione dell’art. 8 del D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, il quale invero prevedeva che le singole amministrazioni potessero vietare l’accesso qualora i documenti richiesti riguardassero, tra l’altro, "la vita privata o la riservatezza di persone fisiche … con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale" di cui fossero "in concreto titolari", dovendo peraltro "essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici".
Tale ultima garanzia è stata, quindi, affermata e tutelata come prevalente rispetto alla riservatezza dalla giurisprudenza ancor prima del suo rafforzamento conseguente all’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 24 della L. 241 del 1990 come sostituito dall’art. 16, comma 1, della L. 11 febbraio 2005, n. 15, laddove dispone, segnatamente nel nuovo comma 7, che "deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi" – quindi, l’accesso pieno con estrazione di copia e non più soltanto l’accesso nella forma della mera "visione" – "la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici": e giova rimarcare che tale disposizione, proprio in quanto funzionalmente autonoma rispetto al nuovo comma 6 dello stesso art. 24, è di immediata applicazione, e ciò anche a prescindere dalla nuova disciplina regolamentare con la quale dovrà essere rivisto, a’ sensi dell’art. 23, comma 2, della stessa L. 15 del 2005, il pregresso materiale sublegislativo che – come, per l’appunto, le predette disposizioni contenute nel D.M. 757 del 1994 – rende contra legem del tutto recessivo l’esercizio del diritto di difesa, garantito dall’art. 24 Cost., rispetto alle esigenze di riservatezza, tra l’altro anche in una fattispecie come l’attuale in cui neppure è certa la presenza di dati cc.dd. "sensibili" (cfr. art. 3, lett. d, del D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196), anch’essi comunque a loro volta non intrinsecamente prevalenti rispetto al medesimo diritto di difesa (cfr. art. 60 del D.L.vo 196 del 2003).
Va anche rimarcato che la disapplicazione della disciplina regolamentare contra legem non va concettualmente confusa con la disapplicazione dell’atto amministrativo puntuale contemplata dagli artt. 4 e 5 della L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, confermati nella loro vigenza dell’art. 14, commi 14, 14-bis e 14-ter della L. 28 novembre 2005 n. 246 e dell’art. 1, comma 1, del D.L.vo 1 dicembre 2009 n. 179 e per necessità utilizzata dal giudice ordinario.
La disapplicazione della disciplina regolamentare difforme alla legge, infatti, ancorché a suo tempo attuata dal giudice amministrativo mediante l’applicazione in via analogica dei medesimi artt. 4 e 5 della L. 2248 del 1865 (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 1993 n. 799) assume a proprio presupposto i principi generali sulla gerarchia delle fonti, laddove nel conflitto tra due norme diverse, occorre dare preminenza a quella legislativa, di livello superiore rispetto alla disposizione regolamentare, ogni volta che ciò precluda l’esercizio di un diritto soggettivo (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 08 luglio 2003 n. 4051): tale tipo di disapplicazione si sostanzia, quindi, in un’operazione ermeneutica avente ad oggetto disposizioni normative generali e astratte con la quale il "sistema" viene riportato alla necessaria coerenza della preminenza della fonte normativa superiore rispetto a quella inferiore, come puntualmente disposto dall’art. 4 disp. prel. cod. civ.: operazione - questa - che, ad avviso di questo giudice, proprio perché fondata su un dato formale estrinseco della difformità di contenuto della fonte regolamentare rispetto a quella legislativa e non implicante, quindi, una valutazione di illegittimità intrinseca mediante le categorie logiche di cui all’art. 21-octies, comma 1, della L. 241 del 1990 (violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza) ben potrebbe essere compiuta anche dalla stessa Pubblica Amministrazione pur nelle more della formale abrogazione del D.M. 757 del 1994 e, a fortiori, anche da un organo di garanzia quale è, per l’appunto, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Del resto, se costituisce principio che una norma interna anche legislativa contrastante con il diritto comunitario deve essere disapplicata non solo da parte del giudice interno, ma anche dallo stesso Stato membro in tutte le sue articolazioni (e, quindi da tutte le sue pubbliche amministrazioni: cfr. in tal senso, ad es, Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3072, con espresso riferimento a Corte Giust., 22-6-88, C 103/88) non si vede perché ciò non debba avvenire anche per il caso del contrasto tra norma regolamentare e norma legislativa dell’ordinamento nazionale.
3. Dall’accoglimento del ricorso discende, pertanto, l’annullamento sia del provvedimento Prot. 17797 –Risc 17013/2010 dds. 11 giugno 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza – Servizio Ispezione del Lavoro, sia della decisione dd. 20 luglio 2010 emessa nei confronti del ricorrente dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A’ sensi dell’art. 116, cod. proc. amm., l’esibizione e il rilascio degli atti richiesti dal ricorrente deve avvenire entro il termine di giorni dieci dalla comunicazione della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se anteriormente eseguita.
4. Le spese e gli onorari del giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidati nel dispositivo per quanto attiene al rapporto processuale instaurato dal ricorrente con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche per quanto attiene alla rifusione del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115.
Viceversa, per quanto attiene al rapporto processuale con la Presidenza del Consiglio dei Ministri va compensata ogni ragione di lite, posto che comunque la predetta Commissione ha riconosciuto, nella sostanza, l’illegittimità del diniego opposto.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento Prot. 17797 –Risc 17013/2010 dd. 11 giugno 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Vicenza – Servizio Ispezione del Lavoro, nonché la decisione dd. 20 luglio 2010 emessa nei confronti del ricorrente dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ordina, a’ sensi dell’art. 116, cod. proc. amm., che l’esibizione e il rilascio degli atti richiesti dal ricorrente avvenga entro il termine di giorni dieci dalla comunicazione della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se anteriormente eseguita.
Condanna il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, complessivamente liquidati in € 1.000,00.- (mille/00), oltre ad I.V.A. e C.P.A., nonché alla rifusione del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115.
Compensa ogni ragione di lite tra il ricorrente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Alessandra Farina, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 29/11/2010


Condividi articolo: