Polizia Giudiziaria
Furto, approfittare della vittima distratta esclude la destrezza
Autore: infocds.it
La aggravante della destrezza e la distrazione della vittima. Gli effetti sulla procedibilità. A cura di A. Casale.

 
Una persona si impossessa della carta di credito all’interno del borsello di un uomo che lo aveva lasciato sul tavolino del bar mentre era andato a pagare l’ordinazione.
L’aver approfittato della distrazione della vittima configura la aggravante della destrezza? Risposta rilevante anche ai fini della procedibilità, in quanto se manca la aggravante il reato è perseguibile a querela.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che le ragioni giustificative della previsione di questa aggravante si fondano sull'esistenza di una particolare abilità dell'agente idonea a neutralizzare le ordinarie difese della persona offesa (Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017). E' infatti significativo che l'ipotesi più frequente in cui si verifica questa situazione sia il cosiddetto «borseggio», nel quale l'agente riesce a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto di quanto sta avvenendo sulla sua persona o sui suoi accessori (la borsa ecc.). Ma, anche al di fuori dei casi di «borseggio», ciò che caratterizza la destrezza è la circostanza che l'agente si avvale di una sua particolare abilità per distrarre la persona offesa, per indurla a prestare attenzione ad altre circostanze o, in sintesi, per attenuare comunque la sua attenzione difensiva contro gli atti di impossessamento della cosa. Per contro, non è sufficiente che l'agente si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo.
Alla luce di questi principi, nel caso di specie non si giustifica la ravvisata esistenza, da parte dei giudici di merito, dell'aggravante in esame, avendo la persona offesa riferito che la sottrazione era avvenuta quando aveva lasciato il proprio borsello sulla sedia di un bar portandosi al bancone di mescita. Tale condotta è caratterizzata, piuttosto che dalla particolare abilità dell'agente nell'eludere la vigilanza sulla cosa, dalla semplice temerarietà di cogliere un'opportunità favorevole in assenza di controlli. Deve dunque escludersi, secondo l'orientamento interpretativo sposato dalle Sezioni Unite, che nel caso concreto sia configurabile l'aggravante della destrezza.
Dovendosi escludere la sussumibilità del fatto nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art.625 n.4 cod. pen., deve rilevarsi l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela.
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - SENTENZA 5 aprile 2018, n.15216
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Brescia, con la pronuncia in epigrafe, ha parzialmente riformato la pronuncia di condanna emessa il 5/05/2015 dal Tribunale di Brescia nei confronti di Ra. Re. qualificando il reato contestato al capo B) (originariamente contestato come violazione dell'art.648 cod. pen.) quale ipotesi di furto aggravato ai sensi degli artt.61 n.2 e 625 n.4 cod. pen. e rideterminando la pena, considerato più grave il reato contestato al capo A) per violazione degli artt.81, secondo comma, cod. pen. e 55, comma 9, D.Lgs. 21 novembre 2007, n.231, in un anno di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Fatti accertati in Brescia ed in Bagnolo Mella il 23 giugno 2013.
2. Re. Ra. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per erronea applicazione di legge penale in relazione alla circostanza aggravante di cui all'art.625 n.4 cod. pen. e per erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all'art.61 n.2 cod. pen. Secondo il ricorrente, l'aggravante della destrezza non può farsi coincidere con il mero impossessamento della cosa incustodita, essendo necessario che la condotta dell'agente manifesti una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa; la sentenza avrebbe erroneamente configurato l'aggravante in relazione ad un furto perpetrato allorché la persona offesa si era allontanata per pagare il conto all'interno di un bar, non essendo stata impiegata particolare abilità per eludere il controllo della >

Note: non è sufficiente che l'agente si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo. Alla luce di questi principi, nel caso di specie non si giustifica la ravvisata esistenza, da parte dei giudici di merito, dell'aggravante in esame, avendo la persona offesa riferito che la sottrazione era avvenuta quando aveva lasciato il proprio borsello sulla sedia di un bar portandosi al bancone di mescita. Tale condotta è caratterizzata, piuttosto che dalla particolare abilità dell'agente nell'eludere la vigilanza sulla cosa, dalla semplice temerarietà di cogliere un'opportunità favorevole in assenza di controlli
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persona offesa. Il ricorrente contesta la decisione anche con riferimento alla circostanza aggravante prevista dall'art.61 n.2 cod. pen. perché ritiene che, nel caso in esame, la volontà di commettere il reato-mezzo, ossia il furto, non coincidesse sin da principio con la volontà di commettere il reato-fine (indebito utilizzo di carte di credito). La Corte territoriale ha collegato al fine di utilizzare la carta il furto di essa, laddove la volontà originaria coincideva con la sottrazione e l'impossessamento del borsello piuttosto che della carta di credito, la cui presenza all'interno del borsello non poteva essere nota all'agente.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. Nel dirimere un contrasto interpretativo sorto tra le Sezioni semplici, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che le ragioni giustificative della previsione di questa aggravante si fondano sull'esistenza di una particolare abilità dell'agente idonea a neutralizzare le ordinarie difese della persona offesa (Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 27008801). E' infatti significativo che l'ipotesi più frequente in cui si verifica questa situazione sia il cosiddetto «borseggio», nel quale l'agente riesce a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto di quanto sta avvenendo sulla sua persona o sui suoi accessori (la borsa ecc.). Ma, anche al di fuori dei casi di «borseggio», ciò che caratterizza la destrezza è la circostanza che l'agente si avvale di una sua particolare abilità (Sez. 2, n. 9374 del 18/02/2015, Di Battista, Rv. 26323501; Sez. 4, n. 14992 del 17/02/2009, Scalise, Rv. 24320701) per distrarre la persona offesa, per indurla a prestare attenzione ad altre circostanze o, in sintesi, per attenuare comunque la sua attenzione difensiva contro gli atti di impossessamento della cosa. Per contro, non è sufficiente che l'agente si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo.
1.2. Alla luce di questi principi, nel caso di specie non si giustifica la ravvisata esistenza, da parte dei giudici di merito, dell'aggravante in esame, avendo la persona offesa riferito che la sottrazione era avvenuta quando aveva lasciato il proprio borsello sulla sedia di un bar portandosi al bancone di mescita. Tale condotta è caratterizzata, piuttosto che dalla particolare abilità dell'agente nell'eludere la vigilanza sulla cosa, dalla semplice temerarietà di cogliere un'opportunità favorevole in assenza di controlli. Deve dunque escludersi, secondo l'orientamento interpretativo sposato dalle Sezioni Unite, che nel caso concreto sia configurabile l'aggravante della destrezza.
2. Dovendosi escludere la sussumibilità del fatto nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art.625 n.4 cod. pen., deve rilevarsi l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela.
3. Il secondo motivo di ricorso è, conseguentemente, assorbito.
4. Conclusivamente, esclusa la configurabilità dell'aggravante contestata, la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché l'azione penale non poteva essere iniziata, in difetto di querela, in relazione al reato di cui al capo B). La precisa indicazione della pena irrogata per il reato di cui al capo A) e dell'aumento per la continuazione interna a tale capo d'imputazione (pena base anni uno di reclusione ed Euro 310,00 di multa, aumentata ad anni uno mesi quattro di reclusione ed Euro 450,00 di multa, da diminuire di un terzo per il rito abbreviato) consente a questa Corte Suprema di procedere alla determinazione della pena ai sensi dell'art.620 lett.I) cod.proc.pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di furto di cui al capo B) perchè, esclusa l'aggravante di cui all'art.625 n.4 c.p., l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.
Ridetermina la pena in ordine al reato di cui al capo A) in dieci mesi e venti giorni di reclusione e 300 Euro di multa.

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